Il cardinale Zuppi tra noi dal 5 all'8 dicembre

Visita pastorale. Un ricordo d’insieme.

Molti incontri. Volti, storie, pensieri.

“Rallegrati, il Signore è con te”, è stato lo slogan e la sintesi della nostra visita. Dopo mesi di preparazione e tanto lavoro e fatica, la visita ha spazzato via ogni dubbio, ogni sacrificio. Tutto è stato grazia, bellezza, sorrisi, abbracci, speranza.

“Rallegrati, il Signore è con te”, è stato lo slogan della nostra visita e credo che possa esserne anche la sintesi. Ci sono voluti tanti mesi di preparazione e tanto lavoro e a volte anche qualche incomprensione o fatica, ma la visita pastorale ha spazzato via ogni dubbio, ogni sacrificio. Tutto è stato grazia, bellezza, sorrisi, abbracci, speranza. “Benedico Dio per ogni visita pastorale, per la Parola, per gli incontri, per le occasioni di bene”. Queste le parole dell’Arcivescovo nell’omelia della prima Messa insieme, giovedì 5 dicembre, che raccontano benissimo i sentimenti che ognuno di noi ha vissuto. Tanti incontri, tante persone, di ogni età e condizione sociale, italiani e provenienti da altri paesi, bimbi ed anziani, giovani e famiglie.

Sono state fatte tante domande al vescovo e non c’è spazio per riportare tutte le risposte, mi limito a qualche breve accenno. Tutti, in tutti i gruppi e ad ogni età hanno chiesto al vescovo se la guerra avrà fine e se c’è speranza per la pace. A tutti Mons. Zuppi ha risposto che non c’è un piano per la pace e che la strada si può aprire solo camminando, e camminando insieme. Se si desidera davvero costruire la pace, ognuno trova quale sia il suo modo per farlo. L’uomo ha una grande capacità di distruzione ma anche una grande capacità di fare il bene. Sta a noi fare una scelta tra ciò che distrugge e ciò che costruisce. L’importante è non diventare indifferenti all’orrore che ci circonda. Informarsi, conoscere le cause, scrivere alle autorità, accogliere chi dalla guerra sta scappando, pregare, sempre, incessantemente. Liberarsi dai pregiudizi. Tutti possiamo fare qualcosa, la pace ci chiede di essere creativi e di non rassegnarci mai alla guerra. Fare di tutto per arrivare alla pace. Tante domande anche sulla speranza cristiana a cui l’arcivescovo ha risposto così: la speranza non è evitare i problemi. La speranza cristiana crede che i problemi vadano affrontati, anche se ci portano sofferenza, perché la speranza sa che tutto può essere vinto, la speranza guarda ciò che può essere domani e lo costruisce oggi. L’importante è camminare insieme, sempre. Da soli si può fare poco ma unendo le forze tanti traguardi possono essere raggiunti.

A chi gli chiedeva perché è diventato prete ha risposto che ha sempre sentito il desiderio di fare qualcosa di bello per gli altri, di potersi mettere a servizio di un bene più grande e quando ha sentito la chiamata del Signore, dopo un’iniziale resistenza, ha capito che quella era la strada ed ancora oggi è felice di aver risposto di sì a quella chiamata.

E ancora ha parlato della bellezza dell’essere famiglia e di come la famiglia abbia tanto da dire al mondo di oggi, così schiacciato sull’individualismo e sul consumismo che dell’individualismo è figlio. La famiglia è un grande antidoto all’egoismo, alla solitudine, alla mancanza di futuro.

Dell’incontro con la Caritas di zona mi ha colpito molto quello che ha detto un volontario: Non salverò l’umanità, ma se anche un solo uomo si sarà sentito accolto da me saprò di aver fatto la cosa giusta. L’Arcivescovo ci ha poi raccomandato di “attaccare bottone” con tutti. Se la nostra lingua è l’amore, l’amicizia, la solidarietà, l’empatia, la nostra lingua nativa si diffonderà molto rapidamente, così tutti gli stranieri potranno imparare l’italiano e gli italiani conoscere tutte le lingue del mondo. Il sogno di Dio è renderci tutti un’unica famiglia, anche se siamo tutti diversi. Se cominciamo a vivere così ci verrà sempre più naturale e ci sembrerà strano non aver cominciato prima.

Cosa vuol dire essere cristiani? Quali sono gli ingredienti per la felicità? Si può credere nel “per sempre?” C’è un antidoto alla solitudine? Quali sono le scelte che richiedono più coraggio? Come sarà il mondo nel 2060? Cosa vorresti cambiare nella chiesa di oggi? Cosa ti spinge a frequentare la parrocchia? Queste sono state solo alcune della raffica di domande fatte dai giovani il sabato sera che attraverso un’app avevano anche proposto alcune possibili risposte e c’è stata grande sintonia tra le risposte dei giovani e quelle del vescovo.

Particolarmente toccante è stato, al Botteghino di Zocca, l’incontro con l’esperienza della fragilità, attraverso il racconto delle famiglie che sono state vittime dell’alluvione, di Andrea, fratello di Simone Farinelli che in quella tragica circostanza ha perso la vita e di Maria Grazia e Giacomo che ci hanno fatto vivere un po’ delle loro giornate che non sono sempre facili, ma che loro affrontano sempre insieme, con amore e con speranza.

E infine la grande Messa della domenica mattina con tutte le comunità riunite insieme. E vorrei chiudere con le parole dell’arcivescovo durante l’omelia: “la maternità di Maria ci rende tutti fratelli, santi e immacolati come lei, perché noi siamo suoi e in lei ci sentiamo liberati dalla forza del male. Se ci lasciamo guidare dall’amore e dalla promessa del Signore possiamo affrontare ogni prova e dire come Maria, «ecco sono la serva del signore, avvenga di me secondo la tua parola»”

Donatella Broccoli
presidente zona pastorale San Lazzaro