Chi collabora per la preghiera “universale”, o “dei fedeli”, non formula le preghiere ma formula le intenzioni della preghiera e le propone ai fedeli, i quali le fanno diventare loro preghiera ripetendo insieme il ritornello.
Le formulazioni siano “poche e brevi, non si esageri nel suggerire al Signore che cosa deve fare perché lo sa benissimo da solo” (ripetuta raccomandazione del card. Biffi). Le intenzioni devono essere poche, (4 o 5 più l’intenzione per i defunti), perché occorre lasciare al celebrante la possibilità di suggerire intenzioni per necessità che lui, “padre”, conosce dai colloqui con i “figli” e perché eventualmente anche qualche fedele possa suggerire una propria intenzione.
Chi formula le intenzioni conosca i messaggi contenuti nelle letture del giorno, rifletta e preghi su di essi e prenda spunto da questi per rendere la Parola: preghiera; le letture della S. Messa domenicale o festiva sono la sorgente da cui far sgorgare le preghiere da rivolgere al Signore. Occorre poi non dimenticare l’attualità perché la celebrazione eucaristica del sacrificio di Cristo deve incarnarsi nella storia (gioie, dolori) degli uomini e delle donne nel loro tempo.
La parola “preghiamo” non va pronunciata all’inizio della lettura delle intenzioni ma soltanto alla fine.
Fare attenzione a evitare intenzioni di contenuto più o meno identico.
La formulazione non deve essere una preghiera ma suggerimento di intenzione di preghiera.
Sono 4 i gruppi di intenzioni che scandiscono la preghiera dei fedeli:
- per le necessità della Chiesa;
- per la salvezza di tutto il mondo e per quanti hanno responsabilità nella vita pubblica (questa voce può comprendere anche l’attualità);
- per coloro che si trovano in situazioni di sofferenza e di prova;
- per la comunità locale (parrocchia).
Le intenzioni formulate, prima di essere stampate, vengono prese in visione e fedelmente rispettate nella loro sostanza, anche se qualche volta vengono ritoccate nella espressione: quindi rimangono opera di chi le ha pensate meditate e scritte.
ESTRATTO DALL’ORDINAMENTO GENERALE DEL MESSALE ROMANO
Capitolo II: STRUTTURA, ELEMENTI E PARTI DELLA MESSA
La preghiera universale
69. Nella preghiera universale, o preghiera dei fedeli, il popolo risponde in certo modo alla parola di Dio accolta con fede e, esercitando il proprio sacerdozio battesimale, offre a Dio preghiere per la salvezza di tutti. È conveniente che nelle Messe con partecipazione di popolo vi sia normalmente questa preghiera, nella quale si elevino suppliche per la santa Chiesa, per i governanti, per coloro che portano il peso di varie necessità, per tutti gli uomini e per la salvezza di tutto il mondo.
70. La successione delle intenzioni sia ordinariamente questa:
a) per le necessità della Chiesa;
b) per i governanti e per la salvezza di tutto il mondo;
c) per quelli che si trovano in difficoltà;
d) per la comunità locale.
Tuttavia, in qualche celebrazione particolare, per esempio nella Confermazione, nel Matrimonio, nelle Esequie, la successione delle intenzioni può venire adattata maggiormente alla circostanza particolare.
71. Spetta al sacerdote celebrante guidare dalla sede la preghiera. Egli la introduce con una breve monizione, per invitare i fedeli a pregare, e la conclude con un'orazione. Le intenzioni che vengono proposte siano sobrie, formulate con una sapiente libertà e con poche parole, ed esprimano le intenzioni di tutta la comunità. Le intenzioni si leggono dall'ambone o da altro luogo conveniente, da parte del diacono o del cantore o del lettore o da un fedele laico. Il popolo invece, stando in piedi, esprime la sua supplica con una invocazione comune dopo la formulazione di ogni singola intenzione, oppure pregando in silenzio.