Contro la barbarie la forza del Vangelo
La riflessione di un parroco parigino DI CHIARAUNGUENDOLI
«Di fronte a questi avvenimenti, è dovere dei cristiani lavorare per rifondare, dalla base, l’alleanza sociale in Francia». È il pensiero, semplice e impegnativo, di padre Ravel Hervé, parroco di Saint Pierre de Neuilly– sur–Seine, a Parigi, il giorno dopo i terribili attentati che hanno seminato terrore e morte in quella città. Lo abbiamo raggiunto e gli abbiamo chiesto il suo pensiero tramite don Federico Badiali, docente alla Fter, che nella parrocchia di padre Hervé ha vissuto per un anno, tra il 2012 e il 2013, quando studiava all’Institut catholique di Parigi per conseguire un Master in Teologia. «Il terribile problema del terrorismo non è certo risolto, anzi siamo appena all’inizio – sostiene padre Hervé – e purtroppo abbiamo degli uomini politici, di tutte le tendenze, che non sono assolutamente in grado di dare una risposta a questa tragedia. La risposta può e deve venire solo da noi cristiani. Del resto, negli ultimi decenni i mezzi per sostenere una difesa armata sono diminuiti, e ben difficilmente potremo opporci con questi mezzi a uomini così preparati e decisi come gli islamisti. Anche dopo l’attentato a Charlie Hebdo, come dopo gli altri, si sono fatti solo discorsi vuoti, non si è giunti alle radici del problema». E la radice di tutto, secondo il parroco parigino, è che «purtroppo, la nostra è una società per tanti versi in via di dissoluzione. Perché ad esempio tanti giovani, assolutamente francesi, negli anni passati sono partiti per combattere con la jihad islamica?
Perché non era stato loro proposto che del “vuoto”! È a questo punto che si apre per noi, verso di loro, la grande “chance” del Vangelo, da proporre e testimoniare. È assolutamente necessario questo, oggi in Francia, e sicuramente anche in Italia». Gli eventi di venerdì non hanno coinvolto direttamente padre Ravel (la sua parrocchia si trova dal lato opposto della città, rispetto a quello dove sono avvenuti gli attentati); la sua reazione è stata «quella di tutti i francesi, e di tutti gli uomini: un grande sgomento, e poi, per noi cristiani, la decisione di celebrare Messe per chi è morto e per chi è stato ferito». Ma la sua reazione «a caldo» è stata quella di pensare che «tutto ciò era stato previsto da tempo, non è qualcosa di imprevisto: molti esperti avevano parlato di un “inevitabile, grande attacco jihadista”. Sono tanti, come dicevo, i giovani che sono andati ad esempio in Siria, e i jihadisti li hanno accolti, per poi inviarli per colpire obiettivi in Europa, soprattutto obiettivi cristiani. E questo continuerà, se non si riusciranno a sradicare le cause, che sono molteplici». La principale però, secondo il sacerdote, è che «l’islam in questo momento è estremamente forte, mentre le società europee sono “estenuate”, prive di valori. Per questo occorre regolamentare l’immigrazione, non accogliere tutti in modo indiscriminato, come ha sempre fatto la Francia, senza poi riuscire ad “assimilare” davvero questi immigrati. Così poco alla volta si sradicata l’idea di Nazione, e si è, in modo miope, combattuta la religione in nome di una malintesa laicità. Noi invece dobbiamo puntare sul Vangelo, sulla sua forza che riempie ogni vuoto».